Liquido è stato l’aggettivo imperante nella sociologia degli inizi di questo secolo. L’espressione introdotta da Baumann per indicare l’incertezza e l’indeterminatezza dell’(ex) homo sociologicus ha rapidamente conquistato giornali, tv e saggi accademici: la società è liquida, non ha valori e regole certi - cioè universalmente condivisi - e l’individuo non è libero, è costretto a scegliere, ad autoesprimersi ed autorealizzarsi.
Non so quanto questa visione abbia orientato nei fatti i comportamenti delle persone. Non tutto il mondo è Wall Street: esiste anche la mia solidissima vicina di casa, che di tanto in tanto qualche problema ("che penseranno gli altri"?) se lo pone. Certo è che dagli Ottanta l’individualismo, il libero mercato e la libera iniziativa si sono spinti ben al di là di quelli che erano le intenzioni di Thomas Jefferson.
Ed oggi - di fronte alla spaventosa crisi economica che li ferisce - gli Stati Uniti tornano ad interrogarsi sui valori e sulle loro radici: i richiami patriottici di Obama si accompagnano alle accuse ed ai ripensamenti di tanti opinionisti. A qualcuno, torna in mente che l’Occidente è stato terra di valori, e che gli Usa sono stati land of opportunities anche per il forte orientamento etico della loro costituzione. Così, mi viene di pensare che crisi di liquidità sia proprio l’espressione giusta per rappresentare questi anni che stiamo vivendo.
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