30 novembre 2009

Il merito e l’appartenenza



Nella sociologia funzionalista, il riconoscimento del merito individuale è il cardine di una società aperta e liberale. Se il merito di ciascun individuo venisse adeguatamente riconosciuto e ricompensato, ci sarebbe sempre “la persona giusta al posto giusto", si avrebbe un sistema efficiente, e differenze di classe universalmente considerate eque: se uno viene pagato dieci volte di più perché è molto più capace, produttivo, ecc. chi potrebbe dire che la società è ingiusta?

Ma, analogamente a quanto avviene per i meccanismi di mercato, affinché la società allochi infallibilmente “la persona giusta al posto giusto” è necessario neutralizzare gli effetti delle appartenenze “feudali": famiglie, corporazioni, caste. E questo a monte non meno che a valle: le persone più capaci dovrebbero essere messe nelle condizioni di realizzarsi pienamente, tanto al momento di scegliere il proprio percorso di studi, quanto al momento di inserirsi nel mondo del lavoro e di sviluppare la propria carriera professionale.

Lasciamo per il momento da parte il fatto che nessuna società al mondo è così aperta: in alcune studiare è troppo costoso; in altre studiare non basta; in altre ancora i vincoli familiari sono molto forti (i figli si sentono soggettivamente “in dovere” di portare avanti le attività dei padri, o sono “oggettivamente” obbligati a farlo). Per non parlare poi di altre discriminazioni odiose - oltre a quelle di classe - come quelle religiose, razziali, di genere.

Un modello è un modello, e la realtà e la realtà. Si sa che non tutte le ciambelle riescono con il buco.


Mi pare incontestabile però il fatto che il modello meritocratico si fondi sull’idea di un individuo completamente svincolato - nel bene e nel male - da ogni forma di appartenenza. Alle persone viene riconosciuto un valore non per quello che “sono” (identità) ma per quello che fanno, producono, realizzano.

Non la famiglia, non la nazione o il gruppo etnico, non la comunità, non la religione, non le tradizioni: il progresso della modernità è stato coerentemente segnato dal costante attacco a queste istituzioni, bandiere a loro volta di un conservatorismo immobilista che riemerge periodicamente sulla scena politica di questo nostro Paese (e non solo, se questo può essere di qualche consolazione).

Ora, che cia sia la persona giusta ad occupare una certa posizione, può essere valutato solo rispetto agli scopi dell’organizzazione e del sistema. Ma in una società di individui assoluti, a poco a poco, i fini generali sono destinati ad essere subordinati a (quando non identificati con) quelli individuali. Le politiche neoliberiste hanno persino incoraggiato questa deriva.

Tradotto: al momento di decidere, la persona giusta al posto giusto è quella che fa comodo a me. Il sistema sono io. Il mio bene è il bene del sistema. Quindi, se ricevo benefici e riconoscimenti in base alle vendite che realizzo (o ai voti che prendo), posso decidere che mi fa comodo avere al mio fianco il figlio di un potenziale cliente, di un potenziale concorrente o di un politico influente. E potrei persino dire - non senza una qualche ragione - di operare per il bene della mia impresa, della mia organizzazione e persino dello Stato (il fine giustifica i mezzi, no?).

I meritocratici di oggi, d’altra parte, mi sembrano avere idee ancora più ottimistiche e certo più confuse di quelle del vecchio Parsons.

Si vorrebbe una società meritocratica di individui ab-soluti, ed identificabili solo come “persone giuste al posto giusto", funzioni di un sistema, bricks in a wall? Non direi. Mi pare che si vorrebbe piuttosto una società meritocratica che valorizzi anche le appartenenze e le differenze. Ma in questo caso, chi stabilirebbe gli scopi, il merito, e le differenze da valorizzare rispetto a quelle che sono invece da ridurre?

In pratica, quello che mi chiedo è: Possibile che per uscire dalla situazione descritta nella lettera del Rettore della Luiss al figlio, non siamo in grado di fare altro che riproporre l’italica dialettica “stato etico” (tutore) - “familismo amorale"? E nel caso, chi pensiamo che sia destinato a vincere?


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