Secondo l'Istat, gli italiani sono soddisfatti delle loro condizioni di vita. Ieri i telegiornali hanno diffuso contenti questa (sorprendente) notizia, di quelle in grado di migliorare il sonno ai governanti di qualunque paese. Figuriamoci ai nostri, con i guai che stanno passando.
La soddisfazione media degli italiani sta intorno al 7, in una scala che va da 0 a 10 come i voti a scuola. In realtà, però, i valori assoluti di queste valutazioni vanno presi cum grano salis, o anche - se preferite - con le pinze: se è vero senza ombra di dubbio che gli italiani "hanno dato sette" alla vita che conducono, qualche dubbio potrebbe sorgere sul fatto che, parlando con gli intervistatori Istat, gli intervistati abbiano dato valutazioni piuttosto "ottimiste", evitando risposte sgradevoli. Come quando si incontra un conoscente alla lontana per strada, e alla domanda "Come va?" si preferisce evitare, in linea di massima, di rispondere "Male".
Naturalmente, qualche differenza di rilievo, nelle risposte, c'è. Le donne sono meno soddisfatte degli uomini; chi lavora è più soddisfatto di chi non lavora, e chi fa un lavoro ben remunerato e/o creativo è più soddisfatto di chi ne fa uno pagato poco e/o alienante.
Chi è occupato è decisamente più soddisfatto di chi è alla ricerca di occupazione (7,4 contro 6,6). Tra gli occupati, dirigenti, imprenditori e liberi professionisti si dichiarano più soddisfatti degli operai (7,5 contro 7,3). Anche chi ha una laurea si dichiara più soddisfatto di chi ha al massimo la licenza elementare (7,4 contro 6,9) (testo diffuso dall'Istat).
Fra i voti (a mio avviso) esageratamente alti che finiscono con il ridurre molto il campo di variazione delle risposte (la differenza fra chi ha lavoro e chi lo cerca è di meno di un punto!), e le poche differenze che emergono, degne di uno sketch di Pazzaglia ("è meglio essere belli e ricchi che essere brutti e poveri"), la ricerca sembrerebbe avere davvero poco da dire. Tutt'al più, si potrebbe concludere che siamo un popolo di cuorcontenti che si sanno adattare proprio a qualunque condizione.
Considerando però le variazioni nel corso del tempo, si vedrà che - dal 2006 ad oggi - aumenta la soddisfazione per le relazioni familiari, resta stabile quella per le relazioni di amicizia, ma è in calo la soddisfazione per le condizioni di salute, per le condizioni di lavoro e per la situazione economica della famiglia.
Gli italiani che si dichiarano "molto soddisfatti" del proprio lavoro passano dal 16,5% al 15,2%, e la differenza è ancora più sensibile nell'Italia centrale (dove si passa dal 16,3% al 14,6%) e fra le donne (dal 17,0% al 14,9%) (Tavola 4).
Va inoltre aggiunto che queste valutazioni sono spesso "relative": gli intervistati esprimono cioè un giudizio facendo riferimento al proprio contesto sociale, ristretto ed ampio. Ecco dunque che, per quanto riguarda le condizioni economiche, diminuisce tanto la quota dei "molto soddisfatti", quanto quella dei "molto insoddisfatti", mentre aumentano i "poco soddisfatti". Come a dire: non va bene, ma potrebbe andare peggio (Tavola 6).
Interpretazione grossolana, senz'altro, ma confermata (per quanto possibile: sto solo "leggendo" le tabelle) dalle risposte date in merito alla situazione economica familiare,
nel 2010 si registra una riduzione della frequenza di opinioni negative: la percentuale di famiglie che affermano di disporre di risorse adeguate passa dal 52,9% del 2009 al 55,3% del 2010, mentre le famiglie che le ritengono scarse vanno dal 38,8% al 36,8%. Il 6,1% delle famiglie considera le proprie risorse economiche insufficienti, mentre decisamente ridotta è la quota di famiglie che le definisce ottime (l’1%). In complesso, i risultati per il 2010 appaiono simili a quelli del 2007, cioè all’anno precedente l’avvio della crisi economica.
Da questo punto di vista, insomma, gli italiani sono oggi un po' più ottimisti rispetto all'anno scorso o a due anni fa, nonostante le entrate familiari siano valutate insufficienti in misura maggiore, e scarse in misura appena maggiore inferiore (Tavola 7).
"Ha da passà 'a nuttata".
Files (Istat):
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