Photoshop su photoshop: fotomontaggio sul manifesto ritoccato di Giorgia Melon |
Nel famoso testo del 2006, "Cultura della convergenza", Jenkins parla di "Photoshop per la democrazia": nei fotomontaggi a sfondo satirico o parodistico che vengono prodotti in casa e diffusi in rete, Jenkins vede cioè uno degli aspetti del processo di democratizzazione attivato dal web. Si tratta di una forma di democratizzazione che ha connotati inevitabilmente "pop": all'interno della grandissima massa di contenuti prodotti e condivisi, ce ne saranno senz'altro di volgari, di falsi, di fuorvianti, di scorretti (ed è anzi probabile che siano la maggior parte).
Non voglio sostenere che la selezione naturale funzioni nel lasciar sopravvivere solo i contenuti di qualità. Per tante ragioni su cui è impossibile soffermarsi ora è improbabile che sia proprio così. Va però sottolineato il fatto che, belli o brutti che siano, questi contenuti hanno in molti casi l'effetto di modificare l'agenda dei politici e dei media.
Tanto per cominciare la politica pop (Mazzoleni e Sfardini, 2009) è un fenomeno televisivo, e non un prodotto del web come "non-intelligenza collettiva". A Ballarò, ad esempio, è Crozza che, presentando una sintesi dei temi della settimana, propone allo spettatore l'agenda (anche in riferimento ai temi e agli ospiti della puntata); è molto probabile che il suo intervento sia molto più efficace della parte "seria" della trasmissione, nello spingere le persone a cercare più informazioni (ibi).
Diego Bianchi a "Gazebo" commenta la comunicazione politica su Twitter (da Repubblica.it) |
I vitelloni al bar (1953) |
Le discussioni online (o le chiacchiere da bar 2.0) e la politica pop possono sembrare un pallido riflesso delle discussioni dei caffè descritte da Habermas (1971), e che hanno portato alla nascita della società civile europea. Eppure, sappiamo che questi caffè non erano popolati dai soggetti razionali e pacati che la teoria della deliberazione di Habermas potrebbe suggerire: non tutti i partecipanti erano colti come gli Enciclopedisti, e, non di rado, le discussioni diventavano anche piuttosto accese. Questi luoghi venivano considerati volgari e minacciosi dal sovrano e la sua corte: erano i luoghi nei quali si formavano nuove istanze di interesse generale, e che ― a livello discorsivo, prima che istituzionale ― hanno dato luogo all'idea di democrazia e di opinione pubblica come li concepiamo oggi.
Sotto diversi profili, e per quanto volgari possano apparire, le odierne "chiacchiere da bar 2.0" non sono meno serie, almeno non nelle loro potenziali conseguenze.
Dall'intervento "Gli strumenti del web 2.0 per la partecipazione e la mobilitazione", presentato al convegno "La democrazia partecipativa nell'attuale quadro politico e istituzionale" (Università di Teramo, Facoltà di Scienze Politiche, 10 aprile 2014)
Riferimenti bibliografici
Habermas, J. (1971). Storia e critica dell'opinione pubblica. Bari: Laterza.
Jenkins, H. (2006). Convergence Culture: Where Old and New Media Collide. New York: NYU Press.
Jenkins, H., Ford, S., Green, J. (2013). Spreadable Media: Creating Value and Meaning in a Networked Culture. New York: NYU Press.
Mazzoleni, G., Sfardini, A. (2009). Politica pop. Bologna: Il Mulino.
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